Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Torino, con il supporto del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata di Roma, sotto il coordinamento e su disposizione della Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia torinese, hanno dato esecuzione, a Moncalieri e Torino, a un fermo di sei persone gravemente indiziate della commissione di reati di associazione di tipo mafioso, ricettazione, estorsione aggravata dal metodo mafioso nonché detenzione illegale di armi.
Le indagini hanno consentito di raccogliere consistenti e significativi elementi indiziari circa l’esistenza di un sodalizio di tipo mafioso, radicato nella provincia torinese (in particolare nel carmagnolese), il quale - avvalendosi della forza d’intimidazione derivante dal vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne consegue - ha commesso una pluralità di delitti e ha acquisito (in modo diretto, mediante intestazione fittizia di società e imprese artigiane, e indiretto, attraverso servizi di “protezione” e “recupero crediti”, intermediazione di manodopera e ingerenza nei rapporti tra imprese del settore edile, operai, sindacati di categoria e cassa edile) il controllo di attività economiche nel settore edilizio, immobiliare, dei trasporti e della ristorazione. Le investigazioni hanno fatto emergere la rilevanza del ruolo svolto, ai fini dell’operatività dell’associazione, di un membro eletto nella locale segreteria di una sigla sindacale del settore edilizio, settore di specifico interesse della consorteria.
Personaggio centrale nell’ambito dinamiche delittuose del sodalizio investigato è risultato un soggetto, anch’egli colpito dal provvedimento di fermo, già implicato nel noto processo “Minotauro”. Si tratta di Francesco D’Onofrio, 60 anni, di Moncalieri. Dalle indagini è poi emerso che l’organizzazione in questione, grazie all’opera di due ulteriori destinatari del fermo, ha fornito sul territorio di Carmagnola protezione a imprenditori nel corso di dissidi con altri operatori economici. Tale servizio di protezione veniva remunerato con somme di denaro riscosse e successivamente destinate agli associati.
Emblematica, ai fini della descrizione del modus operandi dei soggetti coinvolti nelle indagini, è la figura di un ulteriore sodale, affiliato alla 'ndrangheta sin dal 2003 (per questo già giudicato), il quale non solo ha favorito lo scambio di comunicazioni inerenti all’attività del gruppo criminale, organizzando incontri con altri appartenenti, ma ha anche concordato con altri sodali, citati quali testimoni in udienze per un processo riguardante delitti di matrice ‘ndranghetista, termini e modi per rendere falsa testimonianza, al fine di screditare un collaboratore di giustizia.