Galleria fotografica

TORINO SUD - La relazione semestrale al Parlamento della Dia ha messo nero su bianco la situazione della criminalità organizzata in tutta Italia. Con un focus importante che riguarda alcune zone del nord, Piemonte compreso. Nella relazione degli investigatori non mancano gli accenni alla nostra zona dove, evidentemente, il fenomeno malavitoso è assolutamente presente.

«Il territorio della Regione Piemonte e il suo tessuto economico - imprenditoriale risulta, come già in passato, particolarmente attrattivo per le organizzazioni mafiose, in particolare per la ‘ndrangheta - si legge nel rapporto - il contesto criminale è caratterizzato da un radicamento mafioso, a forte connotazione ‘ndranghetista, risalente storicamente ai fenomeni migratori interni degli anni '50 del secolo scorso. Oltre alla costituzione di virtuose comunità di lavoratori e professionisti, infatti, nella Regione si sono purtroppo riprodotti i modelli criminali tipici dei territori di origine delle regioni del sud Italia. La ‘ndrangheta, tra le altre, è la matrice mafiosa che ha fatto registrare nel tempo uno sviluppo più funzionale e complesso delle proprie strutture criminali: caratterizzate da rigorosi criteri di ripartizione dei settori e delle zone di influenza, le prime cellule di ‘ndrangheta si sono evolute, nel corso degli anni, in veri e propri locali. Un fenomeno, questo, che ha permesso, come riscontrato da importanti inchieste degli ultimi anni786, la riproduzione di strutturati e distinti organismi mafiosi calabresi in costante contatto con la casa madre reggina, a conferma del carattere unitario della ‘ndrangheta».

«Qui le mafie, e in particolare le cosche calabresi, hanno sempre cercato di instaurare rapporti di commistione con i rappresentanti delle istituzioni locali, delle professioni e dell’imprenditoria, creando quell’area grigia in cui l’esercizio del potere e il governo delle risorse del territorio è funzionale ad una logica di accrescimento non solo del capitale economico ma anche e soprattutto di quello “sociale”. Le inchieste giudiziarie recenti e l’azione preventiva svolta dalla DIA e dalle altre Forze di Polizia nel periodo di riferimento hanno documentato i tentativi di infiltrazione delle mafie, in particolare della ‘ndrangheta, nell’economia regionale soprattutto in quei settori economici in cui sono più ampie le opportunità di profitto. Sono stati disvelati, infatti, gli interessi preminenti nel settore turistico-alberghiero, della ristorazione, della gestione di servizi pubblici e di immobili da parte dei sodali del locale di Volpiano ritenuti, tra l’altro, responsabili di reimpiego di capitali illeciti anche tramite prestanome. Rilevanti inchieste hanno fatto luce sull’infiltrazione di sodalizi riconducibili a cosche reggine anche nel settore dell’edilizia e dei trasporti, sfociata nell’aggiudicazione indebita di appalti per lavori di manutenzione di strade ed autostrade. Sono altresì emersi gli interessi dei sodali del locale di Asti nel settore delle demolizioni, del commercio di giornali e riviste e generi di monopolio e del commercio all’ingrosso di metalli non ferrosi».

«L’estensione territoriale del Piemonte ed il suo variegato tessuto socio-economico fa sì che vi sia spazio di manovra anche per organizzazioni criminali di altra matrice, quali quelle riconducibili a cosa nostra789 e, in misura residuale, alla camorra o alle mafie pugliesi. Si registra la presenza di gruppi delinquenziali di origine africana (in particolare nigeriana), albanese e romena, particolarmente attivi in diversificati settori di competenza. La criminalità albanese, specificamente, risulta stabilmente presente in Piemonte, spesso in sinergia con organizzazioni di altre matrici, in special modo la ‘ndrangheta, privilegiando il settore del narcotraffico, il favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione e i reati predatori. Per ciò che concerne la criminalità di nazionalità romena, questa pare prevalentemente esprimersi sia sotto forma di microcriminalità riferibile a singoli soggetti specializzati in reati predatori, sia per mezzo di più complesse organizzazioni criminali. Ad una di queste, proprio nel torinese, nel recente passato è stato contestato (per la prima volta in Italia) il reato di associazione di tipo mafioso».

Provincia di Torino

L’ampio territorio dell’area metropolitana di Torino e della provincia evidenzia un contesto delinquenziale particolarmente articolato e variegato, composto da sodalizi criminali autoctoni ed allogeni che coesistono. Tali sodalizi, tuttavia, appaiono ricoprire un ruolo di secondo piano rispetto a quello interpretato dalla ‘ndrangheta. Qui le consorterie criminali calabresi prediligono una strategia silente finalizzata all’infiltrazione del tessuto socio-economico e alla scalata dei gangli della cosa pubblica, non disdegnando, se necessario, il ricorso ad atti di violenza per il perseguimento dei propri disegni illeciti. Le attività investigative e le evidenze giudiziarie degli ultimi anni hanno censito l’operatività di diverse strutture ‘ndranghetiste.

Il locale di Natile di Careri a Torino (c.d. “dei natiloti”), istituito dai CUA-IETTO-PIPICELLA di Natile di Careri (RC) unitamente a esponenti delle ‘ndrine CATALDO di Locri (RC), PELLE di San Luca (RC) e CARROZZA di Roccella Ionica (RC); il locale di Cuorgnè, emanazione dei locali reggini di Grotteria (specificamente della famiglia BRUZZESE), di Mammola (i CALLÀ), di Gioiosa Jonica (con particolare riferimento al gruppo URSINO-SCALI) e di Condofuri (CASILE-RODÀ); il locale di Volpiano, originato dai BARBARO di Platì (RC) e da alcuni affiliati al cartello TRIMBOLI-MARANDO-AGRESTA di Platì (RC); il locale di Rivoli, espressione della ‘ndrina ROMEO di San Luca (RC); il locale di San Giusto Canavese, fondato dagli SPAGNOLO-VARACALLI di Ciminà (RC) e Cirella di Platì (RC), con la partecipazione di elementi delle cosche URSINO-SCALI di Gioiosa Ionica (RC) e RASO-ALBANESE di San Giorgio Morgeto (RC); il locale di Siderno a Torino, costituito dai COMMISSO di Siderno (RC) e da alcuni elementi dei CORDÌ di Locri (RC); il locale di Chivasso, articolazione dei GIOFFRÈ-SANTAITI e dai SERRAINO di Reggio Calabria e Cardeto (RC), dai PESCEBELLOCCO di Rosarno (RC) e dai TASSONE di Cassari di Nordipace (VV); il locale di Moncalieri istituito dagli URSINO di Gioiosa Ionica (RC) unitamente ad alcuni affiliati agli URSINO-SCALI di Gioiosa Ionica (RC) e agli AQUINO-COLUCCIO di Marina di Gioiosa Ionica (RC); il locale di Giaveno espressione dei BELLOCCO-PISANO del locale di Rosarno (RC) e di esponenti della famiglia palermitana MAGNIS; il locale di San Mauro Torinese al vertice dei quali vi sarebbe la ‘ndrina CREA, riconducibile al sodalizio CREASIMONETTI originario di Stilo (RC); l’articolazione operante nel territorio di Carmagnola e zone limitrofe”, riconducibile alle famiglie ARONE, DEFINA e SERRATORE, collegata alla cosca BONAVOTA di Vibo Valentia; la ‘ndrina di San Mauro Marchesato (KR) distaccata a Torino, espressione della cosca GRECO, direttamente riconducibile ai GRANDE ARACRI del locale di Cutro (KR); il locale di Ivrea, da ultimo emerso nell’ambito dell’inchiesta “Cagliostro” 792 e riconducibile alla ‘ndrina ALVARO di Sinopoli (RC).