CARMAGNOLA - «Siamo davvero parte dell’area metropolitana di Torino o cittadini di serie B?»: questa è la provocazione lanciata dal Gruppo Imprese Chieresi (GIC) nel sollevare la questione dei pedaggi di accesso allo snodo viario metropolitano «che incrementano lo svantaggio competitivo» e nel chiedere la liberalizzazione dei caselli di Carmagnola, Santena e Trofarello.
Un tema che tocca direttamente lavoratori e aziende dell’asse Chierese-Carmagnolese, già fortemente penalizzati dal punto di vista della mobilità dalla presenza di un trasporto pubblico locale insufficiente e da collegamenti inadeguati. Una situazione che crea un sistema asimmetrico, e un gap competitivo per le imprese, in cui alcuni territori pagano più di altri.
Spiega il presidente GIC, Dario Kafaie: «Oltre al costo quotidiano di dover usare l’auto privata per spostarsi, viste le carenze del TPL, i lavoratori del nostro territorio si trovano costretti ad affrontare anche un vero e proprio “costo occulto”, rappresentato dai pedaggi che ogni giorno centinaia di pendolari e mezzi aziendali sono costretti a pagare».
Secondo il Gruppo -che rappresenta direttamente circa 40 imprese, per più di due miliardi di euro di ricavi e 5000 dipendenti, all’interno di un’area di circa 160 mila abitanti- è il momento che tutto il territorio si unisca per ottenere equità in termini di mobilità e, quindi, di competitività.
«Il concetto di area metropolitana dovrebbe garantire una rete integrata e unitaria di servizi e infrastrutture, che favorisca l'accesso alle risorse economiche, sociali e culturali per tutti i cittadini, senza discriminazioni territoriali», sottolinea Kafaie. In attesa della realizzazione della nuova uscita A21 in località Masio di Poirino –la cui richiesta è di recente stata inviata al Ministero delle Infrastrutture e alla Regione– il GIC rilancia con una proposta concreta e immediata: eliminare il pedaggio per i caselli esistenti, a partire da quello di Carmagnola sull’A6 Torino-Savona e dalla barriera di Santena/Trofarello della Tangenziale torinese.
«Già oggi i cittadini devono possedere un’auto per raggiungere il lavoro, dato che il trasporto pubblico risulta disorganico e concepito secondo un’impostazione obsoleta -aggiunge Kafaie- Chiediamo che almeno non debbano anche pagare un “balzello” per muoversi all’interno del territorio, al pari di gran parte delle persone che vivono in altre zone dell’area metropolitana».
L’augurio, ora, è che l’appello trovi il supporto anche da parte di Enti e Istituzioni locali, per fare fronte comune rispetto a una problematica che tocca da vicino la quotidianità di migliaia di lavoratori e che ostacola lo sviluppo economico di un territorio che chiede di poter competere ad armi pari.