Aveva ucciso il convivente con una coltellata al cuore. Il tribunale di Torino l'ha assolta per legittima difesa. Ma per Silvia Rossetto, 50 anni di Forno Canavese, l'iter giudiziario non è finito. La procura torinese ha presentato ricorso in Corte d'Appello contro la pronuncia di primo grado del giudice Stefano Vitelli ipotizzando un eccesso colposo di legittima difesa.

I fatti risalgono al 2 settembre 2018 a Nichelino quando i carabinieri trovarono il corpo senza vita di Giuseppe Arcon, 65 anni, nell'alloggio che allora condivideva con la compagna, Silvia Rossetto. La donna aveva chiamato la madre chiedendo aiuto: la mamma, da Forno, aveva poi avvertito i carabinieri. Difesa dall'avvocato Sergio Bersano, la 50enne è stata assolta in primo grado: l'omicidio, infatti, fu frutto di una reazione ad un'aggressione dalla quale aveva tentato di difendersi. Il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a 9 anni e sei mesi di reclusione. Alla base della decisione del giudice anche una perizia che aveva evidenziato un vizio parziale di mente.

Furono proprio gli accertamenti effettuati dalla difesa della donna a portare all'assoluzione. Inizialmente, infatti, il medico legale aveva palesato forti dubbi sul racconto fornito dalla 50enne di Forno, basandosi sul ritrovamento di alcune macchie di sangue che non sarebbero state compatibili con la dinamica spiegata dalla Rossetto ai carabinieri.

Il giucide di primo grado, però, ha sposato in pieno la tesi difensiva: la donna era stata aggredita dal compagno ed era già in una condizione di grave angoscia. «Si è difesa perciò – si legge nel dispositivo della sentenza – con una coltellata coerente con un’azione di difesa». Come la Rossetto ha sempre sostenuto, infatti, dopo aver chiamato la madre, è stata presa alle spalle dal compagno (anche lui armato) e si è girata impulsivamente colpendolo senza guardare. Ora sarà la Corte d'Appello a doversi esprimere.