NICHELINO - Stanno facendo molto discutere le parole del ministro alla famiglia e alle pari opportunità, Eugenia Roccella. Secondo l'esponente del governo Meloni: «Tutte le gite scolastiche ad Auschwitz cosa sono state? Sono state davvero gite? A che cosa sono servite? Sono servite, secondo me, sono state incoraggiate e valorizzate, perché servivano esattamente all’inverso. Cioè servivano a dirci che l’antisemitismo era qualcosa che riguardava un tempo ormai collocato nella storia, in un passato storico e in una precisa area: il fascismo».
Alla ministra Eugenia Roccella ha risposto anche l'assessore di Nichelino, Fiodor Verzola: «Definire dei progetti dall’immenso valore educativo come semplici gite vuol dire essere completamente fuori dalla realtà, o consapevoli di assestare un attacco durissimo nei confronti di percorsi che nel corso degli anni hanno generato consapevolezze e sensibilità tali da far crescere centinaia di migliaia di giovani, rendendoli adulte e adulti capaci di analizzare la realtà contemporanea e riconoscere i meccanismi che portano all’odio tra i popoli, alle violenze, alle guerre. Progetti che probabilmente riescono a fare molto di più nel percorso di emancipazione delle nuove generazioni di quanto riescano a fare i programmi ministeriali della pubblica istruzione».
«Quando penso alle sue parole, cara ministra Roccella, mi viene in mente proprio Primo Levi. E Primo Levi aveva ragione: la peste si è spenta, ma l’infezione serpeggia. E oggi serpeggia nei linguaggi dell’odio, negli attacchi come i suoi, che non si fanno scrupoli a pronunciare parole capaci di negare il valore educativo della memoria, che con sempre più fatica ogni anno cerchiamo di presidiare anche attraverso progetti come questo. Ed è proprio per questo che, con ancora più orgoglio dopo questi miserabili attacchi, presenteremo nei prossimi giorni il nuovo progetto del Treno della Memoria. Perché la memoria non è un atto fine a se stesso. La memoria è viva solo se ci si interroga, se ci si sprona ad agire. La memoria è prendere posizione. Perché il silenzio non è mai neutrale, ma è sempre una scelta di campo - conclude Verzola - E oggi prendere posizione contro le sue parole vuol dire impegnarci a combattere la stessa violenza, gli stessi meccanismi che si celano dietro parole apparentemente semplici e inoffensive, puntando il dito proprio dove si annidano le radici dell’odio, delle contrapposizioni, delle violenze, smascherandole ovunque si nascondano».