Nella provincia di Torino restano quasi 50 mila lavoratori in attesa della cassa integrazione e ammortizzatori sociali. Tanti risiedono o lavorano in cintura sud. E' il quadro che presenta la camera di lavoro Cgil di Moncalieri, a pochi giorni dalla ripresa delle produzioni che però sono ancora appese nell'incertezza. "Le procedure per la cassa ordinaria e il Fondo di integrazione salariale permangono ancorati alle vecchie procedure che comportano l'attesa minima di due mesi - spiega il segretario Marco Prina -,  se le casse dell'INPS vengono puntualmente rimpinguate dallo Stato. Altrimenti si allunga tutto e i lavoratori rimangono a secco oltre i due mesi. Nella zona Sud il settore terziario e del commercio hanno sofferto maggiormente il mancato pagamento dell'anticipo degli ammortizzatori".

Con la nuova fase 2 e il Decreto Rilancio anche la manifattura inizia ad avere dei problemi Alfonso Provenzano della Filctem di Moncalieri in merito denuncia: “Nel chimico, tessile, gomma plastica, automotive abbiamo avuto un massiccio ricorso alla cassa integrazione COVID 19: le aziende hanno ormai esaurito le 9 settimane e si apprestano a richiedere le altre 5 messe a disposizione dal nuovo Decreto.

In poche realtà siamo riusciti ad ottenere l'anticipo di cassa; la maggior parte delle aziende non ha concesso nemmeno lo smaltimento delle ferie vecchie, costringendo molte centinaia di lavoratori a fare i salti mortali per poter mettere insieme il pranzo con la cena. Il supporto delle banche e della Regione Piemonte non si è visto, il netto in busta ad aprile è stato di poche decine di euro”.

“In tempi normali l'INPS ha sempre eseguito i pagamenti degli ammortizzatori in 2 o 3 mesi. Col covid anche le aziende si sono imbrogliate nel compilare i moduli allungando i tempi. Togliendo l'obbligo di anticipo della cassa ordinaria e del FIS da parte delle aziende il governo ha messo nella disperazione una buona parte di lavoratori. 
Le imprese hanno rivendicato l'accesso al credito e finanziamenti a fondo perduto, per poi rifiutare ai loro dipendenti gli anticipi della cassa, pur affermando in tutte le occasioni che i loro collaboratori sono la risorsa più preziosa.

Il venir meno del reddito a fine mese e la cancellazione di molti posti di lavoro precari frenerà ulteriormente la ripresa con il conseguente avvitamento negativo dell'economia, la flebile ripresa delle attività produttive si sta nuovamente fermando per mancanza di ordini”

“All'inizio di questa settimana i pochi lavoratori rientrati in Selmat hanno subito scioperato quando hanno visto in busta solo 50 o 60 euro netti. Grazie alla RSU è stato accolto un piccolo prestito infruttifero di 1000 euro in due tranche.
Alla Sigit di Cambiano la disperazione è al limite: dopo 9 settimane di cassa senza anticipo anche le nuove 5 continueranno ad esserlo. Altre aziende che hanno chiuso lo hanno fatto per mancanza di ordini o a causa di problemi logistici. Altri, infine, hanno potuto evadere ordini trovando il modo di aggirare i divieti dei DCPM, grazie alle deroghe depositate e non esaminate in Prefettura o alle variazioni ATECO in Camera di Commercio”.