Galleria fotografica

NICHELINO - Non poteva esserci data più suggestiva per mandare in scena uno spettacolo che, per chi tifa Toro o semplicemente ama il calcio, ha commosso dal primo all’ultimo istante. Perché «Il Grande Torino», realizzato da Gianfelice Facchetti e scritto assieme al giornalista di Tuttosport - e cantore delle vicende granata - Marco Bonetto, è andato in scena al Teatro Superga di Nichelino proprio la sera del 4 maggio, 76esimo anniversario della Tragedia di Superga dove il 4 maggio 1949 la squadra di Valentino Mazzola divenne mito dopo lo schianto sulla collina torinese.

Uno spettacolo che è una grande intuizione. Un’ora e mezza che passa via senza praticamente accorgersene e che ha portato i presenti quasi a dire: «Ma è già finito? Non puoi andare avanti e raccontare qualche altro aneddoto sul nostro amato Grande Torino?». Sul palco, assieme al figlio del grande Giacinto - roccioso difensore dell’Inter e della Nazionale - c’era la band «Slide Pistons», composta da Raffaele Kohler (tromba), Luciano Macchia (trombone) e Francesco Moglia (banjo) e che hanno dato quel «tocco in più» al racconto, anche quando le lacrime scendevano copiose al racconto di quella squadra che con le sue vittorie ha ridato speranza a una Italia che stava uscendo dalla Guerra.

Il racconto di Facchetti parte da una domanda che può sembrare semplice e banale e invece è alla base di tutta la storia del Grande Torino: «Cosa c’è nella valigia di un calciatore che torna da una lunga trasferta o da una sfida memorabile?». E Facchetti apre quella valigia: dentro ci sono maglie, scarpe, calzettoni, bambole, souvenir, mappe. Ma anche fotografie. E tra i resti dell’aereo Fiat G.212 che stava riportando a casa il Toro dalla sfida amichevole contro il Benfica, c’era questo e tanto altro. Come la fotografia di Valerio Bacigalupo assieme all’amico fraterno Lucidio Sentimenti, per tutti Sentimenti IV, portiere della Juventus: una foto che portava sempre con sé. O un disco che Virgilio Maroso aveva comprato per la sua amata Carla, sposata un anno prima dopo un lungo corteggiamento e dove dovette intervenire persino il presidente Ferruccio Novo per convincerla che quel «gagno» era una brava persona e aveva dei nobili sentimenti per lei.

Durante la serata, ecco i racconti sull’eterna amicizia fra Guglielmo Gabetto e Franco Ossola, compagni d’attacco e di affari, con il loro «Bar Vittoria», vero riferimento per i tifosi. E, ancora, i racconti su Oreste Bolmida, capostazione a Torino Porta Nuova e trombettiere del Grande Torino: era lui a suonare per far capire a Mazzola e compagni come mancasse un quarto d’ora alla fine della partita. Il famoso «quarto d’ora granata», fatto di pressing, azioni repentine e gol a grappoli. Tanti gli aneddoti. Come i «dieci undicesimi» scesi in campo per la gara dell’Italia contro l’Ungheria nel 1947. E ovviamente come finì quella partita? Con una vittoria dell’Ital-Grande Toro. Tra le tante curiosità sciorinate da Facchetti c’è quella sulla formazione del Grande Torino che tutti conoscono: Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola. Ebbene, questa formazione giocò una sola volta: a Trieste il 10 aprile 1949 e finì 1-1. Di quella partita non esiste una foto ufficiale, come ricorda Facchetti.

Toccante la lettura dei nomi di tutta la squadra, dei dirigenti, dei giornalisti e dell’equipaggio che si schiantò a Superga, affidata a una icona granata come il «Poeta del Gol», ovvero Claudio Sala. «Racconti, cartoline di ricordi, sentimenti e tanta emozione ieri sera al Teatro Superga nel ricordo del 76esimo anniversario della tragedia del Grande Torino. Uno spettacolo profondo, intenso e commovente in cui uno straordinario Gianfelice Facchetti ha attraversato con sensibilità e passione non solo le gesta degli invincibili, ma un pezzo di storia del nostro Paese», commenta e plaude il primo cittadino, Giampiero Tolardo, presente alla serata assieme al direttore sportivo del Toro, Davide Vagnati, al team manager dei granata, Emiliano Moretti, e ai tanti parenti degli Invincibili. (Claudio Martinelli)