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BEINASCO - Una donna algerina con regolare permesso di soggiorno, in graduatoria per un alloggio popolare, si è vista revocare l’assegnazione di una casa a Beinasco dopo aver perso il lavoro. Dal 2024, infatti, la norma regionale richiede anche la titolarità di un contratto di lavoro tra i requisiti per ottenere un alloggio. La donna ha fatto ricorso e il tribunale di Torino le ha dato ragione, ritenendo la norma «discriminatoria».

Il giudice, infatti, ha emesso due ordinanze. Nella prima, ha contestato l’esclusione degli stranieri disoccupati dalle graduatorie per la casa popolare, in violazione delle direttive europee sulla parità di trattamento. Nella seconda, ha criticato i punteggi aggiuntivi per chi risiede in Italia da almeno 15, 20 o 25 anni, giudicando il criterio scollegato dal bisogno reale. Ha quindi rimandato la questione alla Corte Costituzionale.

Secondo l’Asgi, l’associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, che tutela la donna, la norma piemontese vìola il principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione. Con loro si sono schierati anche i sindacati Cgil, Sunia e Sicet. La norma sulla residenza ha radici lontane: già nel 2010 la giunta regionale richiedeva almeno 5 anni di residenza. Ma le modifiche introdotte nel 2024 hanno modificato ulteriormente i parametri.